S. Messa nel XV anniversario della morte di don Giussani e nel 38° anniversario del riconoscimento della Fraternità CL 

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Omelia S. Messa nel XV anniversario della morte di don Giussani e nel 38° anniversario del riconoscimento della Fraternità CL 

S. Giorgio di Porcia, 16 febbraio 2020

 

Fratelli e sorelle, carissimi amici, a 15 anni dalla morte è sempre vivo il ricordo e il carisma del servo di Dio don Luigi Giussani, che è stato per voi un padre, un maestro e un amico e per tutta la Chiesa un appassionato testimone del Signore Gesù e un difensore della libertà che Gesù ci ha donato nel suo Vangelo. Carisma che la Chiesa ha riconosciuto 38 anni fa come grazia e dono dello Spirito santo per il bene di tutti. Ricordiamo questa sera questi due anniversari, ringraziando il Signore per quanto ha operato nella vita di don Giussani e nella Fraternità di Comunione e Liberazione, chiedendo a tutto il movimento di rimanere sempre fedele, anche di fronte ai veloci cambiamenti della nostra società, come ha ben detto il vostro presidente don Juliàn Carròn, alla passione di comunicare Cristo, facendo risplendere la sua bellezza davanti ai tanti giovani che sono alla ricerca, talvolta a tentoni, di qualcosa che risponda alle loro esigenze più umane.

Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio che ci aiuta a prendere maggior coscienza della vocazione cristiana di Figli di Dio e a viverla in profondità, sperimentando in prima persona la forza e il coraggio di essere nel mondo annunciatori e testimoni del Vangelo. La pagina di Vangelo della liturgia odierna non è semplice e facile da ascoltare e tanto meno da vivere. Fin da subito Gesù precisa che non è venuto ad abolire la legge o i profeti, ma a darne compimento (cfr. Matteo 5,7). In questo modo Gesù non cancella i comandamenti della legge, perché quello che deve cambiare non sono i codici o le postille della legge, bensì la nostra interiorità e il nostro cuore. Infatti, ai suoi discepoli dice: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli” (5,20). In questo modo Gesù porta il dono della legge che ci è stato dato, alle sue radicali esigenze, nella prospettiva dello stile dell’incarnazione che Lui ha vissuto in profondità, assumendo fino in fondo la nostra umanità. Dare compimento alla legge, significa farle raggiungere la pienezza della dimensione voluta da Dio, cioè la carità. Per questo si è giudicati non in base alle opere fatte ma nel cuore, che è il centro delle nostre attività; un cuore convertito al Vangelo. Dio è stato fedele alle su promesse di alleanza e di amore, come ci ha ricordato san Paolo: Parliamo della sapienza di Dio che è rimasta nascosta e che ci ha rivelato nel suo Figlio Gesù (cfr. 1 Corinzi 2,7-8). Gesù non è né lassista né rigorista, perché si colloca in un altro piano perché va alla sorgente, alla radice della legge che è l’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori, che ci permette di agire come ha vissuto Lui, mettendo al centro di tutto la persona che è il bene più prezioso creato da Dio. Gesù ci ricorda che se si pecca, non si pecca contro la legge o la morale, ma contro la persona e contro Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Gesù, con il vangelo di oggi, ci propone di fare un salto di qualità: tornare al cuore e alla persona.

All’inizio dell’essere cristiano – ci ricordava papa Benedetto nella Deus caritas est non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Il cristianesimo non è un insieme di regole, di idee e nemmeno di valori; non è un codice di comportamento, ma è Gesù vivo, una persona. Qualcosa che accade e che sollecita il nostro cammino e che ci invita a compiere alcuni passi per scoprire da dove viene, come ha vissuto e cosa ci chiede. Nella giornata di inizio dell’anno pastorale per voi adulti e giovani della Fraternità di Comunione e Liberazione, il 28 settembre scorso, don Carròn è partito da una domanda per invitarvi a compiere in quest’anno un cammino vero: Chi è costui? Papa Francesco, di recente ci ricordava che è importante sentirci interpellati dalle domande

degli uomini e delle donne di oggi (cfr. Al Pontificio Consiglio della nuova evangelizzazione, 21/09/2019), anche perché sono le nostre domande. A questa provocazione, don Carròn nella riflessione di inizio anno vi ricordava che a questa provocazione, don Giussani aveva dato una risposta e proposto una strada: “Il cammino vero è un’esperienza. L’uomo non può partire che dall’esperienza, perché essa è il luogo dove la realtà emerge in un determinato volto, secondo un determinato aspetto, secondo una sua determinata flessione”. Si cresce e si impara solo attraverso incontri, avvenimenti, cose che ci vengono dette o ci accadono. Eccovi la proposta del cammino al vero da fare insieme quest’anno per non smettere di crescere, che poggia proprio su questo: l’esperienza. La domanda nasce dall’incontro, dall’esperienza di una presenza che ci ha raggiunto e che ci raggiunge continuamente, una presenza che non è prodotta da me, o frutto di un sentimento, ma reale e oggettiva, che mi raggiunge e mi provoca.

Alla domanda risponde Gesù stesso: “Vieni e vedi” (Giovanni 1,46). In quel vieni e vedi di Gesù ai discepoli, di Filippo a Natanaele, c’è tutta la potenza dell’unica strada che ci possa sostenere a vincere lo scetticismo e la paura, perché ci invita a buttarci, a fare esperienza dell’incontro personale con Gesù, senza perdere la nostra identità Ci invita, pure, a verificare di persona se quello che sentiamo dentro di noi o quello che ci dicono gli altri ha un significato, se è interessante per la vita, se ci offre gioia e felicità, e se vale la pena rischiare e seguirlo. Vedere e constatare di persona, questo è fare esperienza! Per farsi conoscere e amare, Dio ha scelto quest’unica strada: entrare nella nostra umanità, permettendoci di sperimentarlo e di provarlo di persona. Non si appella a regole, non impone nulla, ma si sottopone al vaglio dell’esperienza. Gesù è un avvenimento, un fatto ben preciso della storia, da accorgerci della sua presenza, da accogliere e da incontrare. Ma perché sia una esperienza vera e significativa, ci ricorda sempre don Carròn, non significa solo provare qualcosa, sperimentare e vivere un bell’incontro a livello sentimentale, ma è necessario un giudizio, una valutazione consapevole di quello che si prova, una verifica obiettiva e oggettiva. Usando una parola cara a papa Francesco, è necessario sottoporre l’esperienza che viviamo al discernimento. Al n.50 di Evangelii gaudium parla del “discernimento evangelico”, che non è buon senso, o virtù della prudenza o semplice capacità di giudizio corretto, ma capacità di esercitare la propria libertà nel prendere decisioni per comprendere la volontà di Dio nella nostra vita, non in astratto, ma in quel momento specifico, in quel determinato stato di vita.

Carissimi, per non smettere di sognare, vi auguro una buona festa e un buon cammino vero!

 

+ Giuseppe Pellegrini vescovo

Porcia
16/02/2020
33080 Porcia, Friuli Venezia Giulia Italia