Omelia solennità Tutti i Santi
Pordenone, 1° novembre 2020
Tutti chiamati alla santità
Abbiamo la gioia di celebrare la solennità di Tutti i Santi, non solo quelli canonizzati dalla Chiesa ma di quell’immensa folla di fratelli e sorelle che hanno saputo vivere la loro vita in pienezza e sono entrati nella comunione definitiva con Dio, perché lo Spirito Santo riversa la santità in tutto il suo popolo. Pertanto il messaggio della festa di quest’oggi è molto bello: tutti siamo chiamati alla santità e tutti possiamo diventare santi e sante.
Spesso noi siamo abituati a considerare i santi come dei supereroi, persone straordinarie, collocati dentro le nicchie delle nostre chiese. San Giovanni, nel libro dell’Apocalisse che abbiamo appena ascoltato, afferma che i santi non sono pochi, anzi sono “una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (7,9). Papa Francesco, nell’esortazione apostolica Gaudete et Exultate scrive: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati … questa è tante volte la santità della porta accanto’, di quello che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio” (n.7). Sono persone che nella quotidianità della loro vita si lasciano incontrare da Dio, diventando trasparenza del suo amore e della sua misericordia. Sono coloro che nella vita hanno confidato in Dio.
Ognuno di noi desidera essere felice. Tutti portiamo dentro desideri e sogni che vorremmo concretizzare per dare un senso profondo alla propria vita e per viverla in pienezza, realizzando così il progetto che Dio ha per ciascuno. In altre parole si può dire che tutti desideriamo esser santi, perché santità è sinonimo di felicità. Le cose e i beni che abbiamo non bastano per essere felici. In questi giorni complicati e faticosi a causa della pandemia che si fa sempre più aggressiva, il nostro cuore cerca e desidera serenità e pace, perché tutti siamo alla ricerca della felicità e della gioia e il cammino verso la santità ci proietta verso questa direzione. Viene, allora, spontaneo farci una domanda: quale strada percorre per giungere alla felicità? A volte sembra una meta impraticabile ai nostri giorni e quasi sempre irraggiungibile.
Il Vangelo di oggi, la stupenda pagina delle Beatitudini, ci ricorda che esiste una via praticabile per la felicità. Esistono però due tipi di felicità: una che dura poco e una più vera e più profonda. La falsa gioia è di breve durata, passeggera e superficiale. Nasce dall’essere sempre rivolti su se stessi, sempre preoccupati e di corsa, chiusi ai bisogni e alla esigenze degli altri. Quando se ne va, lascai il vuoto dentro. La gioia vera e profonda, invece, non dipende dall’esterno, nasce e dimora nel cuore delle persone, spingendole a cercare la gioia non solo per sé ma anche per gli altri. Per ben nove volte Gesù dice: Beati voi, felici voi, fortunati voi. “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Matteo 5,12). Gesù ci insegna che per essere felici non occorre occupare posti di prestigio, fare carriera o avere tante cose, ma ci chiede di cercare la pienezza della vita dentro di noi, nel nostro cuore che sa riconoscere l’amore misericordioso di Dio e sa farsi amore e solidarietà verso tutti. Le Beatitudini non sono un precetto in più o delle regole da rispettare, ma la bella notizia che Dio dona la gioia e la felicità a chi è capace, a sua volta, di donarla agli altri. Come il Padre si fa carico della nostra felicità, anche noi siamo invitati a farci carico della gioia degli altri. Il Regno di Dio è per coloro che assumono lo stile di vita di Gesù che si è fatto povero, che ha lottato per la pace e la giustizia, che ha condiviso le sofferenze degli ultimi prendendosi cura dei dolori del mondo.
Desidero soffermarmi brevemente sulla seconda beatitudine: “Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati” (v. 4). Quante persone anche ai nostri giorni stanno versando lacrime di dolore e di sofferenza, per la morte di qualche persona cara, per i molti che si ammalano, per la crisi sociale ed economica della famiglia. Come si fa dire beati voi? Sembra un paradosso mescolare insieme lacrime e felicità, ma non perché Dio ama il dolore e la sofferenza, ma perché Lui, nel dolore e nella sofferenza si fa vicino, ti è più vicino, è con te per amarti, sostenerti e per dirti che non sei solo. Così alimenta il tuo coraggio e la tua speranza per far da argine alle tue paure. Gesù ci ricorda che anche nella sofferenza si può tener accesa la lampada della speranza.
I santi sono coloro che cercano di vivere il Vangelo nelle loro scelte quotidiane, perché si sentono amati dal Signore e sostenuti nelle prove e difficoltà della vita. Sono coloro che anche quando sbagliano, riprendono il cammino di sequela con fiducia piena nell’amore e nella misericordia del Padre.
+ Giuseppe Pellegrini vescovo