Sostegno ai bisogni essenziali dei campi profughi birmani
Dopo il colpo di stato e la presa di potere da parte della Giunta militare in Myanmar l’esercito ha infierito contro la popolazione incendiando case e chiese, con situazioni raccapriccianti di arresti, uccisioni e torture. Questo ha costretto molti singoli e famiglie a fuggire dalle proprie case cercare rifugio nei villaggi, nei boschi, oppure in campi profughi sostenuti da associazioni umanitarie e da sacerdoti cattolici, sia nello stato del Kayah che al confine thailandese. Tutto questo si aggiunge al problema del Covid 19, che porta la comunità internazionale – presa dai problemi interni ai singoli stati – ad un generale indifferenza.
Il Myanmar (Birmania) è suddiviso in vari stati. Confinante ad est con la Thailandia c’è lo stato del Kayah con una consistente presenza di cattolici. Molti hanno trovato lavoro emigrando in Thailandia, in particolare nella provincia di Lamphun, dove prestano servizio i sacerdoti missionari fidei donum del Triveneto. Alcuni giovani sacerdoti della diocesi di Loikaw, nello stato del Kayah, si stanno dedicando – in collaborazione con associazioni umanitarie – al sostegno degli sfollati nei campi profughi sia all’interno dello stato del Kayah che al confine thailandese.
Oltre all’assistenza morale, spirituale e psicologica, si fanno carico delle necessità primarie come cibo, vestiti e medicinali. Si curano inoltre dell’animazione e del percorso scolastico di quasi un migliaio di bambini seguiti da un centinaio di insegnanti ed animatori.
Vorremmo tentare di garantire il necessario per la sopravvivenza (cibo, vestiario e medicinali) oltre a materiali scolastici e di animazione per i bambini altrimenti privi di qualsiasi punto di riferimento. I contributi andrebbero a coprire anche le spese per gli insegnanti. Attualmente si è riusciti a malapena a portare avanti le attività della scuola primaria, ma sarebbe necessario
poter provvedere anche alle proposte educative per preadolescenti ed adolescenti, sia per la crescita personale, ma anche per poter far fronte ai traumi dello sradicamento e delle violenze di cui sono stati e sono testimoni.